“Per una nuova Scanno antica”. Anno 2012, aggiornamenti
Il progetto
Il progetto in corso “Per una nuova Scanno antica” intende coinvolgere le diverse realtà operanti sul territorio ed i singoli cittadini, creando una più profonda consapevolezza delle risorse culturali ed ambientali a disposizione. Un territorio ricco di evidenze la cui frequentazione da parte dell’uomo dalla più antica Preistoria giunge ininterrottamente fino ad oggi.
Nell’ambito del ciclo di ricerche di superficie in programma, sono state finora condotte due regolari campagne (2010 e 2011), mentre nel 2012, purtroppo, la carenza di fondi non ha consentito di organizzare una vera e propria terza fase di indagini sul campo, che ci si augura di poter condurre nel 2013.
Durante i sopralluoghi e le campagne di indagini di superficie condotte fra 2008 e 2012, sono emersi numerosi elementi che vanno ad aggiungersi alle evidenze già note, contribuendo ad arricchire il tessuto della Carta Archeologica della Valle del Sagittario, in elaborazione.
Si tratta di indizi utili per ricostruire la storia della frequentazione e dello sfruttamento dell’area tra la più antica Preistoria ed il tardo medioevo/Rinascimento. Ogni oggetto, infatti, conoscendone la provenienza esatta, diviene una fonte di informazioni spesso uniche e fondamentali per la ricostruzione della storia del luogo. Questa è la ragione principale per cui diviene di grande importanza rendere patrimonio di tutti i cosiddetti “Beni archeologici”: la ricostruzione di un contesto, in un dato periodo, in un preciso momento situato nel tempo. Per immaginare e restituire consapevolezza dei luoghi e delle proprie origini.
L’èquipe di ricerca
Responsabili del progetto: Luca Alessandri (Università di Gröningen e Coop. Matrix 96), Antonio Curci (Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”), Francesca R. Del Fattore (Coop. Matrix 96), Andrea Schiappelli (Coop. Matrix 96). Responsabili delle ricerche sul campo: L. Alessandri, F. R Del Fattore.
Rilievi: Alessandro Felici (Coop. Matrix 96).
Ricerche antropologiche a cura di: Anna Rizzo (Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”).
Operatori/studenti: S. Bandera, G. Bertuccioli, M. Carletti, E. Cimatti, C. Colasante, D. Cultrera, G. De Felice, E. di Gianpaolo, A. Felici, R. Filloramo, F. Genchi, E. Gori, D. Mastrilli, B. Ottani, G. Piccinni, Anna Rizzo, L. Stefanile, C. Tebaldi, A. Urcia.
Le novità del 2012.
Il 2012 si è concluso con due importanti novità che coinvolgono il passato ed il futuro del territorio di Scanno e della Valle del Sagittario. In primis, le evidenze del passato provenienti dal lago: il monitoraggio delle sponde, condotto costantemente tra marzo ed ottobre a seguito del progressivo abbassamento del livello di riva, ha permesso di recuperare e documentare un cospicuo insieme di elementi.
Lungo le sponde tra le altre evidenze sono così venuti in luce abbondanti materiali fittili, tra i quali un cospicuo numero di pesi da rete (talora recanti segni incisi), frammenti ceramici di epoca protostorica, romana e medievale, oggetti di uso comune e produzioni forse più tarde, attualmente in studio. I primi dati certi sulla presenza di un insediamento stabile sulle rive occidentali del lago di Scanno, si collocano tra Bronzo finale ed età del Ferro. Si deve a un intervento di emergenza dell’Università di Pisa, nel 1964, lo scavo di una struttura di abitazione – una capanna – tagliata dai lavori per la realizzazione della strada circumlaquale. Diverse segnalazioni della fine dell’800 e degli inizi del ‘900 riconducono alla presenza, nella zona delle Acque Vive, di un’area funeraria presumibilmente databile fra età del Ferro e periodo orientalizzante. I sopralluoghi recentemente svolti sulle rive del lago, al di sotto del pianoro attualmente occupato dal camping (località Sterparo), hanno confermato la presenza di materiali ceramici riferibili ad epoca protostorica, sottolineando l’importanza della zona, per la quale si auspica, in futuro, la conduzione di ricerche mirate e più ampie.
Una nuova proposta di “intesa”.
La seconda rilevante novità riguarda direttamente il futuro e la progettualità culturale di tutto il comprensorio della Valle del Sagittario. È, infatti, al vaglio del Soprintendente la nuova proposta di “Intesa di programma per la valorizzazione dei Beni archeologici e ambientali nei territori comunali di Scanno, Villalago e Anversa degli Abruzzi (AQ)”. Il testo – ampliato e integrato rispetto al precedente accordo del 2007, siglato tra il solo Comune di Scanno e la Soprintendenza – si presenta come un’iniziativa di più ampio respiro, concepita per incentivare i flussi turistici, nell’ottica di favorire effetti positivi sull’economia e sull’occupazione, destinando risorse alla ricerca, alla conservazione, alla valorizzazione ed alla fruizione dei Beni culturali ed ambientali.
Le finalità principali riguardano inoltre la creazione e la gestione di eventuali poli museali e l’organizzazione di servizi per la gestione delle aree archeologiche e delle strutture di documentazione, custodia, conservazione ed esposizione. Si tratta di uno strumento giuridico ed organizzativo di notevole potenzialità che pone il nostro territorio in una posizione d’avanguardia, a livello nazionale, in campo culturale. Un’opportunità certamente unica, da utilizzare appieno con competenza, consapevolezza e professionalità, sulla base delle indicazioni suggerite dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. lgsl. 22 gennaio 2004, n. 42).
Il quadro generale del territorio, dopo le campagne 2010 e 2011.
Visitando nel corso del 2011 le pendici occidentali del Monte Genzana, la sella del Monte Cona, le aree tra Coste di Secina e Toppe Vurgo e il Valico di Godi, è stata accertata una lunga frequentazione da parte dell’uomo tra Paleolitico medio e superiore e mesolitico, quali zone di caccia e di approvvigionamento della selce. La grande abbondanza di materiali rinvenuti presso il passo di Godi – inquadrabili tra Paleolitico e Medioevo – ne testimonia da sempre il ruolo di zona nevralgica: territorio di caccia e raccolta nella Preistoria più antica, di insediamento più prolungato tra età del Bronzo ed età del Ferro, punto di passaggio e di sosta in epoca storica, lungo la direttrice verso Alfedena e Barrea.
E’ tra Bronzo finale ed età del Ferro, in una situazione di generale intensificazione delle vie di comunicazione, che cominciano a comparire nella Valle del Sagittario i primi insediamenti stabili, sulle rive occidentali del lago, al valico di Godi e a Castrovalva. Qui le nostre ricognizioni si sono concentrate sulla ristretta area sommitale del pianoro che domina la Valle del Sagittario e le fonti del Cavuto. Numerosi frammenti ceramici raccolti tra i massi di crollo presenti sul pendio occidentale testimoniano l’esistenza di un abitato in posizione difesa, probabilmente riferibile al Bronzo finale. Le segnalazioni dell’Ottocento e dei primi del Novecento indicano la probabile presenza di aree funerarie e di luoghi di culto al Carapale e ancora sulle rive occidentali del lago, in uso ancora in età orientalizzante. Numerose statuine di bronzo, rinvenute in precedenza in diverse località della zona, mostrano l’intensa diffusione del culto di Ercole, nume tutelare dei commerci, dei luoghi d’incontro, dei mercati e delle greggi.
La dominazione romana, con la fine delle Guerre Sociali e l’occupazione di Corfinium nell’88 a.C., portò un totale riassetto organizzativo del territorio e investì tutti gli aspetti della vita politica, sociale e culturale della regione. Sono inquadrabili in epoca romana i materiali rinvenuti sulla sommità del colle di Caccialepre, in località “Coste di Secina” così come quelli venuti in luce lungo la Valle del Carapale in località “La Noce” e sulla sponda meridionale del lago. Qui la concentrazione di frammenti ceramici, notevolmente alta in corrispondenza della foce del torrente Tasso, è dovuta alla lenta e costante azione di traporto e accumulo svolta dal corso d’acqua nel tempo.
É in località “i Giardini” che sono tuttavia venute in luce le evidenze di maggior interesse. Nell’area nota come “Palazzo della Regina”, in corrispondenza delle pendici meridionali del Colle di Caccialepre o delle Croci, un sopralluogo aveva già messo in evidenza resti di strutture in pietra, tagliati nel 1990 dalla strada realizzata a seguito di lavori per la captazione delle fonti qui esistenti. Lungo il sentiero moderno erano presenti tegole e materiale ceramico di epoca romana e, verso ovest, si è raccolto un frammento in impasto protostorico, testimonianza di una più antica frequentazione della zona.
Grazie alla collaborazione di un privato, è stato possibile risalire al punto dove, ancora nel 1990, venne messa in luce e fotografata una superficie pavimentata in opus spicatum, successivamente ricoperta. Già al termine di una preliminare pulitura, il deposito archeologico è risultato pesantemente danneggiato da attività di scavo non autorizzate. Si è provveduto inoltre a liberare parzialmente dalla vegetazione e a ripulire l’angolo nord-orientale di un ambiente posto in relazione con la zona pavimentata. Le murature in questo caso presentano, oltre alle pietre calcaree, anche tegole riutilizzate. Tutto il complesso risulta fortemente danneggiato da scavi effettuati mediante mezzo meccanico. L’area, localizzata a valle delle strutture intaccate dalla strada moderna, è situata su un terrazzo artificiale sostenuto da un imponente muro in blocchi, di forma irregolare. La tecnica costruttiva del manufatto consiste nella messa in posto di muri in grossi blocchi irregolari di calcare e pietre a secco, riempiti a retro con tegole, pietre di piccola pezzatura e frammenti ceramici. Circa 250 metri più ad ovest, l’apertura del sentiero moderno ha intaccato una serie di strutture, ancora di epoca romana, recentemente oggetto di escavazioni clandestine.
In un secondo momento l’area, parzialmente liberata, è stata interessata dall’impianto di altre due strutture, i cui muri vennero costruiti non più a secco, bensì allettando le pietre con malta.
Nella stessa zona ci è stato inoltre segnalato il ritrovamento fortuito, avvenuto sempre nel 1990, di sepolture con deposizione di vasi ceramici. Non si possiedono informazioni più dettagliate sul ritrovamento: il corredo è andato disperso. Devono essere inoltre menzionate due stele funerarie di epoca romana, qui recuperate in momenti diversi; la prima, rinvenuta nel XIX secolo, è attualmente murata sulla facciata della chiesa di San Giovanni a Scanno. La seconda, in un primo tempo riutilizzata nella costruzione di una masseria non lontana dal luogo di rinvenimento, è stata in seguito asportata e consegnata al Museo della Lana di Scanno, dove è conservata tuttora. Ad un esame preliminare, i materiali raccolti presso il Palazzo della Regina sono complessivamente inquadrabili tra I sec. a.C e IV sec. d.C. Fra i rinvenimenti effettuati, si segnalano, in particolare, un vago di collana in pasta vitrea blu, un piccolo spillone in osso e una moneta in bronzo databile al periodo di regno di Costanzo II (317-361 d.C.).
Situato in un’area ricca di acque sorgive, particolarmente adatta alle coltivazioni – e ancora in uso, almeno sino al secolo scorso, come zona destinata alla semina del grano – l’abitato dei Giardini doveva certamente svolgere un ruolo di rilievo lungo la direttrice che da Castrovalva procedeva verso Sud, in direzione del Passo di Godi. Non è possibile, allo stato attuale delle ricerche, formulare un’ipotesi circa i motivi per i quali il sito sia stato definitivamente abbandonato. Si è in attesa delle necessarie autorizzazioni a svolgere indagini di scavo stratigrafico che potranno chiarire i numerosi interrogativi rimasti in sospeso.
Le segnalazioni e le fonti ci hanno quindi spinto ad allargare le nostre ricerche sino a comprendere il cosiddetto Vallone dei Romani e il complesso di Collangelo, rimasto in uso sino al XV secolo. In tal senso, nel tentativo di acquisire informazioni utili alla ricostruzione delle fasi più recenti di occupazione del territorio, le indagini hanno interessato la valle di Jovana ed in particolare la struttura di epoca medievale/rinascimentale i cui resti sono tuttora visibili in località San Lorenzo. Dell’edificio, un castello in precario stato di conservazione, sono riconoscibili in superficie solo due corpi di fabbrica, corrispondenti al mastio e ad un bastione situato sul versante settentrionale. Tra gli elementi architettonici documentati e meglio conservati, rimangono alcune feritoie, visibili sia sulla torre che nel paramento meridionale. Le ricognizioni effettuate nelle zone limitrofe di fondovalle e la presenza, tuttora attiva, del culto martiriale di San Lorenzo (documentato fra l’altro a Roma sin dal IV sec. d.C.) indicano un intenso utilizzo della zona almeno fra epoca tardo-antica e basso Medioevo/Rinascimento. La valle era servita dall’antico tracciato stradale – una via glareata – che risalendo in direzione di Castrovalva dalla valle di Sulmona, si dirigeva verso il valico di Godi e di cui un tratto è stato individuato e documentato a nord del castrum medievale, in località Masseria di Cristo. Tutti riferibili ancora ad epoca medievale sono i frammenti ceramici raccolti sul pianoro che domina le rive occidentali del lago, a nord del Camping, nelle aree in declivio ad ovest del seicentesco eremo di Sant’Egidio e nei terreni localizzati nel fondovalle fluviale ad est di Scanno, nei campi coltivati situati fra la centrale elettrica e l’impianto di depurazione del torrente Tasso.